Sovranità alimentare, accordi commerciali e ruolo delle economie locali 

I flussi finanziari, milioni di euro che si aggirano per le borse internazionali, hanno determinato negli ultimi decenni i destini delle economie reali di molti paesi, sia del sud che del nord del mondo. Alla ricerca di dividendi sempre più alti i grandi investitori hanno giocato sui mercati locali creando bolle finanziarie che una volta esplose hanno lasciato sul lastrico milioni di persone. L’ultima, la più grande, è quella legata alle speculazioni sugli immobili e i mutui subprime. Ma nello stesso 2008 un’altra crisi, ben più violenta, ha mobilitato milioni di persone e contadini di tutto il mondo: la crisi dei generi alimentari, con l’aumento vertiginoso dei prezzi di grano e riso.

Il cosiddetto agrobusiness ha messo le mani su terreni da destinare alla produzione di alimenti  e biocombustibili da vendere nei mercati dei paesi più ricchi, ignorando le necessità locali e la priorità strategica per ogni paese di garantire ai propri cittadini la sovranità alimentare, tramite la diversificazione delle coltivazioni e la valorizzazione delle specie agricole locali. Nel mercato globalizzato i terreni più fertili come quelli delle foreste subequatoriali vengono aggrediti e depauperati dalle monoculture, creando le premesse per la desertificazione di un habitat costruito da un complesso e delicato intreccio di equilibri naturali. La supponenza delle grandi imprese transnazionali vorrebbe interferire pesantemente in questi equilibri frutto di millenni di evoluzione, producendo e coltivando semi geneticamente modificati, e proponendo questa come la soluzione alla fame nel mondo. D’altro canto è ormai evidente il fallimento dei grandi istituti internazionali come la FAO.

Ma c’è un’intelligenza ed un sapere collettivo che vuole rimettere nelle mani delle comunità locali la capacità di governare e gestire i processi naturali che si svolgono nei territori. L’agricoltura è oggi il paradigma fondante delle nostre società. E la sovranità alimentare è la scommessa da vincere. 

In America Latina sono in atto tentativi di costruzione di nuove aree economiche, come l’ALBA, che tentano di contrastare le politiche economiche dominanti.

Dai territori, dal basso, si vanno organizzando forme di resistenza popolare e solidale che sanno coniugare i bisogni locali con le grandi tematiche globali come il cambiamento climatico, l’esaurimento delle risorse, la circolazione internazionale dei rifiuti, il debito estero, la fame e la sete nel mondo. 

Si vanno organizzando forme di economia locale in grado di difendere le comunità dalla povertà e dall’esclusione sociale, capaci di confrontarsi con le dinamiche distruttive dei grandi flussi finanziari, capaci di costruire qui ed ora un’alternativa sostenibile globale al neoliberismo: reti di economia solidale, movimenti contadini, gruppi d’acquisto, agricoltura biologica, filiera corta. Sono solo alcuni esempi delle forme che assume la mobilitazione e la resistenza delle comunità locali. Intrecciare i percorsi e contaminare le diverse visoni che i movimenti del sud e del nord del mondo stanno elaborando è il primo obiettivo a cui questo seminario vuole contribuire, nell’ottica di un sostegno reciproco alle lotte che nei diversi territori si stanno sviluppando. 

 

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